lunedì 27 ottobre 2014

Era così fredda quella mattinata in stazione che il vento sembrava lanciasse contro le sue guance piccoli frammenti di vetro, graffiandola pesantemente. "Maledetto gelo, possibile che qui possa fare cosí freddo in ottobre? Eppure vantano così tanto il clima mite del sud. Non è vero niente. Io sto congelando, e a breve non riusciró nemmeno più a trascinare le valigie fino al binario se perdo anche la sensibilità delle dita". Lucia, o come ormai si faceva chiamare da tutti Lucy, allora decise che avrebbe atteso poco prima dell'arrivo del treno, quel treno che l'avrebbe portata via per l'ennesima volta, seduta su una panchina poco distante il suo binario e proprio su quell'umida pAnchina in pietra che tornarono nella sua mente tutti i ricordi legati a quel posto. La stazione era stato forse il luogo che aveva frequentato di più negli ultimi 6 anni. C'erano stati giorni in cui partiva con una valigia, poi tornava e andava via di nuovo con altre decine piene di inutili cose; c'erano volte in cui era partita direttamente cin le stesse decine di bagagli. Altre volte, ormai, si erano così usurate che perdevano qualche pezzo durante il tragitto: la maniglia del trolley, la ruota, addirittura le si era rotta la cerniera, seminando piccole buste di effetti personali, scatenando la risata curiosa dei presenti. La stazione era diventata la sua seconda casa. Ma stavolta era diverso. Era sì il suo dodicesimo trasferimento in meno di sei anni, ma questo era definitivo. Niente lacrime, niente sindrome da abbandono del proprio nido sicuro. Stavolta non lo faceva perché secondo lei era quello che gli altri desideravano per lei, era davvero ció che voleva. Ed il fatto che non aveva voluto neanche che i suoi l'accompagnassero ed avesse solo due valigie era l'inizio. La sua vita partiva da lì.

sabato 25 ottobre 2014

Forse è il caso che io mi arrenda all'evidenza. Mi sta sfuggendo tutto dalle mani, si pensa a volte, egoisticamente, di avere davvero un posto speciale nel cuore delle persone. Ma è spesso una stupida illusione. Non si possono passare le ore a trovare un qualcosa di buono da fare per poterci distrarre, per poter fingere che tutto vada bene. E' passato troppo tempo, e sono stati troppo pochi i cambiamenti avvenuti. Si spera, si immagine, si mente a se stessi, si finge di sorridere, ma a volte i macigni sono troppo pesanti, e non si riesce a camminare, si soffoca, si soffoca, si soffoca, inizia a mancare il respiro, a sentirsi pervasi dal battito del cuore che ci uccide lentamente.
Allora cosa fare? Io ho passato tutta la vita a scappare da me stessa, a trovare la soluzione più semplice nel mollare tutto, prendere le valigie, riempirle di tutto ciò che almeno esternamente mi rendesse felice e partivo. A volte mi informavo minuziosamente sul luogo da scegliere, chiedevo in giro, studiavo la storia del territorio, cercavo foto, acquistavo libri, tutto questo in pochi giorni, giusto il tempo di completare le valigie. Altre volte sceglievo a caso sulla cartina, puntando il dito così, dove mi piaceva di più posarlo.
Ho avuto una vita piena, forse troppo, e forse proprio questo mio amore per il movimento, per il cambiamento continuo, per la paura di una stabilità vera e propria, che ora che ho deciso che è questo il momento di fermarmi a farmi impazzire. Perchè ora? Perchè adesso? Quanto importante è quello che mi sta accadendo da aver modificato tutto in maniera così definitiva. Non ero mai stata più sicura di adesso in tutta la mia vita, e tutto ciò mi spaventa. Sono così tentata dal cadere in errore, ma consapevolmente, quasi come se a volte pensassi di non meritare di essere felice. Eppure ancora totalmente felice nemmeno lo sono, ci sono ancora quei sassi, quegli enormi massi che mi opprimono polmoni e stomaco. A volte sento quel senso di gonfiore, tipo quando si hanno gli occhi pieni di lacrime e spingiamo con tutte noi stesse per farle rientrare. Questa è la sensazione che mi assale, la paura di aver cambiato tutto e di non essere nemmeno un pezzo importante di qualcosa, la paura di essere "chiunque", quando io già "chiunque" lo sono per me stessa.
La paura che a volte l'attaccamento al passato possa scacciare la mia presenza come fosse una semplice briciola su di un piatto mentre si sparecchia.
Ci si può sentire davvero poco importanti? Si può vivere in una continua situazione di oblìo? Ma cosa pretendo dalla vita, dalle situazioni, cosa volevo, cosa avrei scelto.. Domande, domande ed ancora domande, sono terrorizzata, è che a volte vorrei poter parlare, vorrei poter dire ciò che ho dentro, ma la paura delle risposte mi uccide più del senso di oppressione che mi assale. E se la risposta fosse quella che temo? Come dovrei reagire poi. La vita è fatta di ricordi, di scene, di sensazioni, di cose, cose materiali ed immateriali. Io parlo della mia vita scrivendo, spesso uso i miei racconti per spiegare ciò che ho dentro, perchè è dura, è difficile parlare, soprattutto per chi come me ha sempre preferito cercare l'aiuto in me stessa, chi è abituato a risolvere da solo i propri problemi, cercando di scomodare quanto meno possibile gli altri, anche se mi avessero offerto il proprio aiuto.
Si cresce, si diventa grandi, si matura, a volte prima, a volte dopo, si spera che qualcosa cambi in noi, invece più si cresce, più i demoni dell'infanzia divengono immagini vivide avanti ai nostri occhi, diventano scene di vita quotidiana.
La vita è portata avanti dalla paura. Ed io, ho paura ad ammetterlo.

martedì 21 ottobre 2014

Sono seduta. E fin qui tutto nella norma. Sono seduta per terra sul piatto doccia. Accarezzo le piastrelle umide, mi guardo intorno. Quanti aneddoti potrei raccontare su questa stanza della mia casa. 
Quando ero adolescente spesso sfruttavo il bagno assieme alle mie amiche per chiacchierare spudoratamente sui ragazzi con la scusa di dover imparare ad usare i primi ombretti. In camera da letto era un po'impossibile, questi sono i fattori negativi di chi ha una camera in condivisione con il proprio fratello. Era seduta sulla tavoletta chiusa del wc che ho pianto le prime volte perché mi era tanto difficile trovare persone con i miei stessi interessi, amicizie vere con il quale condividere qualcosa.
È per terra, con le spalle contro le piastrelle, quelle che oggi accarezzo, che rileggevo il messaggio tanto odiato, ed é sempre lí che ho deciso che niente e nessuno mi avrebbe fatto soffrire più, che nessuno avrebbe più visto scendere una lacrima.
E'lì, avanti allo specchio, spesso con i rubinetti aperti per non far sentire le mie conversazioni, che passavo del tempo al telefono con le persone che piú amo e che sono a migliaia di km da me. È sempre avanti a quello specchio che imposto stupide sfilate prima di uscire alla ricerca del difetto piú evidente e del modo per nasconderlo al meglio.
Ognuno di noi ha un posto segreto o no, ma che raccoglie la maggior parte dei nostri ricordi e delle nostre esperienze. Uno scrigno virtuale racchiuso tra quattro mura. La doccia, beh, dopo aver scarabocchiato nomi confusi e disegni sui vetri, basta solo buttarci su dell'acqua, ed ecco che si ricomincia.

lunedì 20 ottobre 2014

Era lì, ferma, immobile. Tratteneva a stento il respiro, aveva paura a far sentire il rumore del suo fiato sotto le coperte Aveva paura d svegliarlo. Certo, se l'avesse svegliato sicuramente non sarebbe più riuscito a riprendere il sonno perduto, e poi... lei amava restare sveglia affianco a lui e sentirlo dormire, sentirlo respirare nel silenzio assoluto della notte. Ma questa volta era tanto, troppo. Si sentiva bloccata, oppressa. Non dalle sue braccia che le cingevano i fianchi e riducevano al minimo qualsiasi suo possibile movimento. Erano le preoccupazioni a farla soffocare, il sentire il suo cuore palpitare e battere all'impazzata per la paura di tutto ciò che stava accadendo intorno a lei a terrorizzarla. Come glielo avrebbe detto? Quali parole avrebbe trovato per spiegargli che ciò che avrebbe fatto di lì a poco non era frutto di una sua scelta, ma, purtroppo, una decisione dettata dalle circostanze? Sarebbe finito tutto stavolta, Lucy lo sapeva. Era piena di rabbia, doveva godere appieno quella notte con lui, forse l'ultima notte insieme di tutta la sua vita, con l'amore che tanto aveva cercato, che tanto bramava, che finalmente aveva trovato, e che ora avrebbe dovuto abbandonare per sempre. Uscì timidamente la testa da sotto le coperte e si fermò a guardarlo in tutta la sua bellezza. Forse in quegli otto mesi non l'aveva mai veramente osservato, non aveva mai fatto caso alla piccola gobbetta sul suo naso, non aveva mai visto quell'affascinante accenno di doppio mento, sempre coperto da quel filo di barba scura che a lei tanto piaceva e che tanto implorava lui di lasciarla incolta. In fondo lei amava lui per ciò che era, ma era anche davvero, davvero bello, o almeno, lo era per lei. 
Si sedette sul letto, ormai aveva deciso che gli avrebbe parlato, era quello il momento giusto, il momento in cui, dopo la notizia, lui l'avrebbe cacciata via da quella casa che ormai era anche un po'sua. Ma preferiva andare via, mestamente a quell'ora, avrebbe preferito vagare per la città alle 3 di notte trascinando quella valigia che lui aveva dolcemente riposto nel ripostiglio dopo averle detto "cara, non c'è più bisogno che la tua valigia si sposti da una stanza all'altra, ormai sei qui con me, possiamo anche sbarazzarcene, tornerai il più tardi possibile a casa per prendere qualche altro vestito, vero?". 
Vero, sarebbe tornata tardissimo a prendere altri vestiti, e non per riportarli in casa "loro", ma perchè lì, dove lei doveva andare, dei suoi vestiti glamour e dei suoi maledettissimi stiletti, non se ne faceva proprio nulla. 
"Cris, ti prego, svegliati, ho bisogno di parlarti", disse con gli occhi velati da lacrime che attendevano giusto il momento per colare e rigarle il viso pallido.
"Tesoro, ma sono le tre, ti sembra l'ora adatta per parlare? Lo sai che domani sarà una giornata dura in ufficio".
"Ti prego, due parole e poi credo che potrai tranquillamente dormire", disse in un tono misto tra la rabbia, la frustrazione e un senso di morte e di cupo che le annebbiava il cuore. 
Indossare il pigiama, vagare per casa in cerca di un'idea per il libro da leggere prima di addormentarsi, sono normali azioni. Andare in bagno, guardare la propria immagine riflessa nello specchio e vedere una espressione rilassata sul mio volto, quella non é una cosa normale, non è una routine per me. Prendere lo spazzolino per lavarmi i denti e sentirlo così rigido, secco, un po'come dire "ehi, dove ero finita, ti ho aspettato così tanto che ho fatto la fine di una lucertola al sole, mi sono seccato".
Beh, caro spazzolino, preferisco ritrovarti quelle volte così secco ed avere tante storie da raccontarti mentre sotto il getto dell'acqua tento di ammorbidirti.
Avere tanti ricordi, tante esperienze a segnare la propria vita, è la cosa più bella. Vedere ció che si ha intorno che cambia istante dopo istante, vedere ció che lasci come lo ritrovi, vedere quello che non ritrovi più e sentirsi sereni e soddisfatti per ció che si ha é tutto
Vi é capitato mai di avere quell'attimo di perfezione..? In cui nulla sembra vero e tutto sembra meravigliosamente perfetto? Ecco.. Quella sensaZione carica di paura che tutto ció che stiamo vivendo non sia altro che un sogno, di quelli dolci, ripieni al cioccolato, morbidi come una fettina di ciambella stracolma di ciuffetti di panna? 
Sì, proprio quella.. La dolcezza dell'amore, la paura della perdita, la dolcezza della panna, la paura di un angolino bruciacchiato a rendere tutto il dolce amaro. Semplice, semplici paragoni. Ma l'amore con la dolcezza troppo ha a che fare da non pensare a quanto bello sia invece condividerla insieme quella soffice panna, magari porgendosi l'un l'altro il cucchiaino.
L'amore non é paura, non è perdita. É la fusione di due cucchiai che si urtano talvolta per cercare di raccogliere piú cioccolata calda nella tazzona che condividono quella sera. È unione, niente di più, niente di meno.
Mi sono riscoperta.. Ho conosciuto cose di me che non credevo facessero parte della mia personalità.. 
Sono sempre stata quella razionale, quella che non guarda al sentimento come qualcosa accompagnato da quei piccoli e dolci gesti quotidiani, bastava l'amore e tutto, forse, era scontato.
Scoprirmi a sognare ascoltando una canzone, pensare a quanto quel testo si addica a ció che penso, il terrore di inviare quel pensiero per paura di essere frivoli, ma farlo comunque perché in fondo l amore non ha freni inibitori. Ecco, questo mi sorprende veramente di me.
Ognuno di noi ha del buono dentro di sé. Si commettono errori, si vivono esperienze negative, se ne vivono tante e segnano spesso il nostro modo di essere cambiandoci.
É solo grazie a chi davvero riesce a donarci ció che il nostro cuore merita che ci rende davvero persone migliori. Ogni mattina dovremmo svegliarci e dire "grazie per tutto quello che mi dai, grazie davvero", e poi potremmo iniziare la giornata. Non mi sembra poi così difficile.